Chi mi conosce sa che ho utilizzato, anzi provato a utilizzare Linux dai tempi delle prime versioni di Mandrake e SuSe, accogliendo con gioia l’avvento di Ubuntu perché speravo in una evoluzione ‘popolare’ del Pinguino.
Sebbene io sia chiaramente un ‘techie’, infatti, non mi ritengo abbastaza ‘nerd’ da godere nel dover smanettare per stronzate come la configurazione di una scheda video, cosa che mi è capitato di dover fare persino in un sistema ‘amichevole’ come Ubuntu perdendoci delle ore condite da varie imprecazioni espresse in oscuri dialetti meridionali.
Altrettanto ‘scomodo’ ho trovato (passando da una distro all’altra, da Xandros a Puppy e così via) il sistema di installazione, aggiornamento e disinstallazione delle applicazioni, con i loro ‘repository’ e ‘pacchetti’ che conservano ancora oggi quel senso di nerdosità tipico di Linux… a questo punto sento già montare l’ira e o sdegno dei fanboys del Pinguino, che spesso sono peggio dei fanboys Apple 🙂
Allora, pensando a cosa ha realizzato Apple con OSX e iOS pur partendo da un cuore Linux, e a cosa ha fatto poi Google con Android sempre partendo dalla stessa fonte, mi sono chiesto: “e se le maggiori distro di Linux adottassero integralmente la filosofia delle App, sia per le applicazioni sia per i ‘driver’?”
Non mi ritengo (e non aspiro ad esserlo) un esperto di Linux ma un utente come tanti, di quelli che appunto vorrebbero poterlo adottare in una qualsiasi distribuzione e non doversi per forza convertire alla filosofia nerd dello ‘smanettamento ad ogni costo e per il solo gusto di farlo’ (a questo punto le orde di fanboys del Pinguino si sono organizzate per linciarmi).
Così come con Gnome e KDE ci si è sforzati di presentare Linux in una veste meno ‘per gli addetti ai lavori’, quindi, pur lasciando a questi ultimi la piena libertà di ‘sporcasi le mani con il codice’, si potrebbe proseguire nella filosofia delle App da installare e disinstallare con un semplice click, preparandosi così anche a far sbarcare Linux in maniera sempre più massiccia sui dispositivi mobili ‘touch’ che dovrebbero comunque affiancare (ma non soppiantare, non fatevi illusioni) il mercato dei ‘personal devices’ informatici.